Alan Kristančič l’uomo che ha sposato la Ribolla
La mattina è di quelle terse e il traffico è di quelli intensi mentre, lasciata Venezia, mi dirigo verso est alla volta di Palmanova dove costeggiando il perimetro della città passo tra le molte caserme, oramai tutte in stato di semi abbandono, scheletri che in altri tempi costituivano la difesa del confine orientale durante gli anni della guerra fredda.
Entro nel Collio Goriziano con le strade che si snodano in mezzo ai vigneti, Friulano, Ribolla, Sauvignon ma anche Merlot, Cabernet e ancora qualche raro vigneto di Malvasia Istriana che oggi, per buona parte, viene assemblata assieme ad altri vitigni per produrre il Collio Bianco.
Il nascosto confine di Zegla che divideva l’Italia dalla Slovenia prima di Shengen non ha più sbarre e nessuno che controlla i documenti, a presidiarlo ci sono due Carabinieri seduti in auto e la piccola costruzione che ospitava la polizia di frontiera sembra aver seguito la sorte delle caserme friulane.
Mi accoglie Brda, il Collio Sloveno, e anche qui le strade, alcune veramente strette, si snodano tra i vigneti, Rebula, Sauvignonasse, che altro non è che l’ex Tokaj, Pinot Gris, Merlot ed altre varietà anche internazionali che allevate qui hanno trovato un adattamento ideale.
In lontananza scorgo sulla sommità del colle che dovrò svalicare il Castel Dobra, un castello seicentesco edificato sulle rovine di un precedente castello rinascimentale, che mi dice che la mia meta è vicina.
Ad aspettarmi c’è Alan Kristančič titolare ed enologo di Kristalvin, questo il nome dell’azienda, che ha circa tre secoli di storia e a testimoniarlo nella piccola cantina attigua all’accogliente sala di degustazione, che fa anche la funzione di shop, c’è una botte dove si legge chiaramente l’anno di fabbricazione: 1808.
Affacciata su una splendida vallata coperta di vigneti e punteggiata di piccoli borghi arroccati sui colli, dalla terrazza di Kristalvin si gode di una vista unica, letteralmente l’abbraccio di una delle porzioni più suggestive del Collio Sloveno dove la conservazione ambientale è diventata la parola d’ordine.
La mia prima visita da Kristalvin risale a circa tre lustri fa e mi rimase impresso l’assaggio di una Rebula 2001 dal profetico nome di Arcanum, assaggio che arcano rimane perché nonostante la virtuosa evoluzione conservava perfettamente la sua acidità ed il corredo varietale.
Nel gennaio di quest’anno, assieme ad un amico ristoratore, ho ripetuto l’esperienza assaggiando un Sauvignon 2002 e anche in questo caso con grande sorpresa per l’integrità ed estrema soddisfazione.
Alan ha preso in mano le redini di Kristalvin nel 2017, diplomato in enologia può vantare esperienze maturate in Slovenia e all’estero tra le quali una significativa in Nuova Zelanda che l’hanno portato ad ampliare gli orizzonti e a poter dare una nuova interpretazione ai vitigni tradizionali del Collio Sloveno, nota curiosa: tanta è la dedizione di Alan alla causa del vino che nel 2021 ha sposato Martina Kraševka Rebula e ha voluto aggiungere il cognome della moglie al suo, così oggi a Brda esiste una famiglia con il nome della varietà di uva più diffusa in zona.
Dopo un po’ ci raggiunge Ales Kristančič, padre di Alan, e con lui apriamo un capitolo sulla storia recente di Brda e partendo dal novecento arriviamo ad oggi sfogliando anche alcuni libri, Ales è la memoria storica del Collio Sloveno e la progressione, sia sotto il profilo storico che sotto il profilo enologico, è a dir poco affascinante: da zona poco più che rurale ad eccellenza vitivinicola.
Oggi l’azienda si propone come realtà moderna e dinamica ma ancora fortemente legata a territorio e tradizione, la produzione è distinta in tre linee la linea dei territoriali che comprende Rebula, Sauvignonasse, Pinot Gris e Merlot, la linea 1808 che comprende Rebula, una Ribolla di lunga macerazione, Jakob, Sauvignonasse, o ex Tokaj, anche questo macerato e un Merlot 2019 che ammicca molto alla Bordeaux con toni morbidi, tannini levigati e frutto molto presente.
Da qualche anno Alan si diletta anche a produrre spumanti, rigorosamente metodo classico, e nella gamma spiccano una Cuvée, blend tra Pinot Noir e Chardonnay, e una Rebula entrambe con trentasei mesi di punta.
La Cuvée è per scelta un Brut Nature, quindi un non dosato mentre la Rebula un Brut, la prima offre un ventaglio che spazia dagli agrumi alla crosta di pane con note di frutta a polpa gialla matura e frutta candita, la Rebula è invece più immediata, di ottima freschezza ed elegante.
La degustazione è terminata e anche la visita volge al termine, un boccone veloce in una trattoria tipica della zona e poi di nuovo in auto perché in serata devo essere a Buje in Croazia dove mi aspettano un’altra “famiglia del vino” e i colli della Malvazija ma questa è un’altra storia e la racconterò più avanti.
Giovanni Veronese
©Riproduzione Riservata