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Da Sandrigo a Røst e ritorno

il Bacalà come fede gastronomica

Ammetto che l’assaggio del bacalà alla vicentina di Palmerino era tra le priorità, la sua fama l’aveva preceduto e i quasi settantacinque anni di attività immolati sull’altare dello stoccafisso costituivano una garanzia assoluta.
Il Covid 19, ed altri intoppi, avevano rimandato più volte la mia gita in quel di Sandrigo ma finalmente il momento era arrivato quindi, preparata la bottiglia per l’abbinamento, mi avvio verso quello che è considerato uno dei templi dello stoccafisso nel vicentino.

Il titolo di questo articolo non è casuale e quel viaggio, “Da Sandrigo a Røst e ritorno”, Antonio Chemello l’ha fatto veramente sia via mare che via terra alla ricerca di tracce storiche sullo stoccafisso, il viaggio via mare, assieme ad altri tre compagni di ventura, è stato fatto a bordo di Mandrake II, un due alberi in ferrocemento di diciotto metri che nel Golfo di Biscaglia deve aver ballato non poco in balìa dei fortunali del Mare del Nord, mentre il viaggio via terra, attraversando quasi tutta l’Europa lo chef sandricense l’ha fatto a bordo di una piccola utilitaria.

Il mio arrivo da Palmerino è salutato da un enorme stoccafisso ligneo che non lascia alcun dubbio sulla vocazione del ristorante, e qualche minuto dopo faccio la conoscenza di   Marco Chemello, l’ultima generazione della famiglia che continua la grande passione del padre Antonio.
Per le attuali normative di contrasto al morbo mi accomodo nel dehors, elegante e anche un po’ marinaresco, con un pavimento ligneo che richiama molto la tolda di una nave, e giusto per rimanere in tema di stoccafisso chiedo un assaggio di bacalà mantecato che arriva su una tavolozza di ardesia guarnito con pan brioche ed una curiosa, quanto ghiotta, cipolla marinata servita separatamente.

Nel frattempo la gentilissima, ed efficientissima, responsabile di sala aveva provveduto a mettere in un secchiello la bottiglia di Friulano Doc 2018 che l’azienda agricola Magnàs produce in quello che durante una mia recente visita ho definito “Un piccolo paradiso tra i vigneti” a Cormòns nello splendido Collio Goriziano, la scelta del 2018 non è stata casuale e anche l’azienda, per fortuna, non ha fretta di mettere sul mercato l’ultima annata, spesso non pronta ed espressiva come un Friulano di buona caratura invece merita.
L’abbinamento con l’ottimo Mantecato risulta essere piacevole ma, pur avendo apprezzato l’entree, il motivo della visita non può prescindere dall’incontro con “Sua Maestà il bacalà alla vicentina” come recita perentorio il menu.

La presentazione è sicuramente di grande effetto, il bacalà, fedele al ruolo assegnatogli dal menu, arriva incoronato dalla polenta di Marano e qui vale la pena aprire un dibattito perché i cultori del bacalà alla vicentina si dividono in due fazioni: quelli della polenta morbida e quelli della polenta “brustolà”, abbrustolita.
Onestamente faccio parte di coloro che apprezzano la polenta abbrustolita come base del vischioso Mantecato, mentre sul bacalà alla vicentina apprezzo quella morbida, morbida ma non quasi liquida come mi è, purtroppo capitato, più volte.
Il profumo è inebriante e la pezzatura perfetta quindi non resta che affondare la forchetta nell’insieme e iniziare l’assaggio.

Il bacalà mantiene appieno le promesse, e le aspettative sono pienamente soddisfatte, ed è arrivato il tanto atteso momento di provare l’abbinamento, il Friulano, passato dalla temperatura ambiente ad un secchiello di acqua e ghiaccio, dovrebbe essere perfetto.
Nel bicchiere si presenta di un giallo paglierino intenso e brillante, gli archetti denunciano quasi subito la struttura alcolica che però non preclude le intense sensazioni olfattive che denunciano immediatamente la mandorla ma anche frutta a polpa bianca matura e fiori con una nota di biancospino, il naso è intenso ed incredibilmente articolato.
L’esame gustativo rivela una buona struttura ed un equilibrio perfetto sulla parte acida, presente e ben combinata con tutte le altre componenti tra le quali va sicuramente menzionata la grande mineralità e anche per il vino le aspettative sono ampiamente mantenute.

L’abbinamento risulta incredibilmente azzeccato, la struttura riesce a compensare bene l’importanza del piatto sia in termini aromatici che in termini di grassezza perché il bacalà alla vicentina cuoce a lungo in olio extra vergine e latte, l’acidità assolve perfettamente al compito di bilanciare proprio la parte grassa e riesce a creare un equilibrio perfetto, quindi possiamo tranquillamente dire che la prova ha dato esito positivo, quindi il bacalà alla vicentina di Palmerino e il Friulano se la giocheranno per entrare nei cinque finalisti.

 

Giovanni Veronese

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